Siti di Particolare Interesse – Biblioteca Facoltà Di Agraria – POMONA CAMPANA
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Premessa
Nella mitologia romana,” Pomona” è la dea degli alberi da frutto. Sposò Vertumno che, travestito da vecchia, la spinse a rompere il suo giuramento di castità. Le metamorfosi di Ovidio (libro XIV), raccontano l’innamoramento di Vertumno dio italico della frutta con Pomona dea romana dei frutti (chiamata anche ” Patrona pomorum”, “Signora dei frutti”), compreso l’olivo e la vite. Il nome della dea deriva chiaramente da pomum, “frutto”. Ovidio la descrive con una falce nella mano destra (anziché con un giavellotto come nel caso di altre divinità).
Le era dedicato un bosco sacro denominato ”Pomonal”, situato a sud del XII miglio della via Ostiense, nei pressi dell’attuale Castel Porziano. Al culto della dea era preposto un flamine minore, il flamine pomonale, che nell’ordo sacerdotum era il meno importante di tutti.
Non si conoscono feste (Pomonalia) in suo onore, né dai calendari antichi giunti fino a noi, né dalle fonti letterarie classiche. Il filologo classico tedesco Georg Wissowa ha ipotizzato che la festività di Pomona fosse mobile e determinata dal momento della fruttificazione delle colture.
Secondo il poeta Ausonio, Pomona ha in tutela il mese di settembre perché è quello in cui matura la frutta. (Anthony S. Mercatante, Dizionario Universale dei miti e delle leggende; 2326/2359/2964). La prima esistenza di una “Pomona” è fornita dall’ Odissea …” peri mene donasti tredici, e dieci meli e fichi quaranta; viti mi promettesti di darmene cinquanta: e ciascuna dava i grappoli in tempo diverso: ne pendono grappoli d’ogni forma e colore”. (Odissea pg 673)
Catone(234-149 a.C), Macrobio(IV-V secolo a.C.), Varrone( 116-27 a.C.),Columella(4-70 d.C.), Plinio(23-79 a.C.) ci ricordano la frutta esistente; l’elenco delle specie,anche se sommariamente, riportava alcuni caratteri biologici ed organolettici. [ vedi pubblicazione n° 79,81]
Agostino Gallo, nel cinquecento, elenca 12 varietà di pero, 11 di melo, 9 di susine.
Giorgio Gallesio (1817), affronta con criteri moderni gli elementi scientifici che gli permette di costituirsi una cultura di altissimo livello, al punto di creare un’opera scientificamente rigorosa: la “Pomona Italiana”.
Girolamo Molon (1890), studioso italiano, fu il primo pomologo a delineare un quadro esaustivo dei progressi che stava realizzando la frutticoltura negli Stati Uniti e che avrebbe conquistato i mercati del mondo.
Nell’agosto del 1892, si riunì una commissione, presso il Ministero dell’Agricoltura, con lo scopo di voler far progredire la frutticoltura italiana. Dalla riunione, emerse la necessità di impiantare nell’alta Italia, un pomario per verificare le caratteristiche delle cv nostrane e straniere e contemporaneamente stampare un elenco di frutti raccomandabili. Sorgono così a Casignolo e à Sesto San Giovanni (MI) dei campi di Orientamento Tecnologico e Varietale; Nel febbraio del 1893, esce un catalogo con le nuove cv di albicocche, ciliegie, pesche, susine ed uva da tavola.
Lo studio delle prime coltivazioni, si coseguì attraverso fonti letterarie e da quelle a carattere mitologico.Il reperimento fondato sulle testimonianze letterarie, fu rivoluzionato dal prof. Orazio Comes (1879) della Scuola Superiore di Agricoltura di Portici); egli infatti con gli occhi di “specialista” traeva dai dipinti antichi informazioni realistiche e scientifiche.
Questo primo tentativo di identificare specie botaniche note nell’antichità a partire da dipinti, fu perfezionato e ampliato da Domenico Casella, egli, accanto alla considerazione della documentazione offerta dai dipinti e di quella offerta dalle fonti letterarie, aggiunse la collaborazione tra il botanico e l’archeologo, attingendo di continuo alle nuove conoscenze e alle innovazioni tecnologiche.
ll prof. Domenico Casella negli anni 1964-65 allora direttore dell’Istituto di Coltivazioni Arboree della Facoltà di Agraria dell’Università di Napoli “Federico II”, fece dipingere le pareti di una stanza dell’istituto, con decorazioni raffiguranti frutta e alberi, la cui eccezionalità risiede nel fatto che tali raffigurazioni riproducono fedelmente le pitture di frutta , foglie, piante ecc. presenti negli antichi dipinti di Pompei, Ercolano, Stabia e Oplonti; Il suo interesse fu spiccatamente botanico-scientifico: egli affiancò sempre alla riproduzione del frutto raffigurato nel dipinto antico, la riproduzione del frutto attuale, della stessa specie e della stessa varietà.
Il lavoro di riproduzione pittorica della Sala Pompeiana fu affidato al pittore Giuseppe Romano; questi già lavorava presso la facoltà di Agraria come tecnico della raffigurazione pittorica di frutta e di altri elementi botanici. A quei tempi , infatti, a causa dell’assenza della fotografia a colori, non si aveva un’adeguata documentazione degli elementi e dei fenomeni botanici, per cui si ricorreva alla riproduzione pittorica.
Il lavoro svolto dal sig. Romano, ancora oggi, impressiona il visitatore della sala, non tanto per la bella decorazione, ma soprattutto per la riproduzione fedele, precisa degli originali; infatti, lavorò tenendo presente parallelamente la fotografia del dipinto da riprodurre e l’originale, di cui prendeva visione personalmente.
Nella “Sala Pompeiana”, accanto alla copia di interi dipinti antichi, troviamo la riproduzione di soli particolari, inoltre, accanto ad ognuno di questi troviamo una didascalia, che indica la provenienza del dipinto antico, i nomi della specie e delle varietà identificate e comparate.
Nel 1982, con il sostegno del prof Franco Zucconi, Direttore dell’Istituto di Coltivazioni Arboree e del Capo dell’Ispettorato dell’Agricoltura della Regione Campania, dott. Vincenzo Forte, decolla un proprio progetto per la salvaguardia del germoplasma autoctono campano.
Nell’appezzamento, destinato alla collezione, venivano impiantate le cv autoctone campane di albicocco ciliegio, melo, pero,pesco, noce; hanno contribuito alla individuazione delle cv da trasferire nell’appezzamento i Funzionari della Regione Campania e con maggior presenza i dott : Lucibelli, Santangelo, Ucciero.